Casciana Terme ed il suo territorio dal Paleolitico al Medioevo


CASCIANA TERME ED IL SUO TERRITORIO
DAL PALEOLITICO AL MEDIOEVO

A cura del Gruppo Archeologico Le Rocche di Casciana.
In collaborazione con l’Assessorato al Turismo del Comune di Casciana Terme Lari.



Il territorio di Casciana Terme (Bagno ad Acqua), conosce una continuità abitativa fino dal Paleolitico inferiore (da 600.000 a 120.000 anni fa).


La presenza dell’Homo Erectus è attestata da un tipico manufatto bifacciale (amigdala) rinvenuto in località Le Casacce presso Colle Montanino, databile ad oltre 200.000 anni fa. Tra 200.000 e 30.000 anni fa (Paleolitico Medio) abbiamo l’Homo di Neanderthal, che condivise un antenato comune con l’Homo Sapiens, l’uomo anatomicamente moderno (Paleolitico Superiore da 40.000 a 10.000 anni fa). Le due specie hanno convissuto in Europa per circa 10.000 anni, a partire da 43.000 anni fa.




I vari tipi sono stati presenti in questo territorio, come dimostrano gli strumenti litici rinvenuti su un ripiano davanti al cimitero comunale di Casciana Terme, sulla destra del rio Botriccione, dove ne sono affiorati, dal terreno agricolo, circa un centinaio. Questi attestano l’esistenza di un accampamento dell’Homo Sapiens databile a circa 30.000 anni fa.

L’industria litica è un insieme di manufatti in pietra (selce) che costituiscono una particolare produzione nelle varie epoche dell’era preistorica. Essa è fatta dai nuclei, dai manufatti ritoccati ottenuti con una modificazione dell’originale mediante microscheggiatura, da quelli non ritoccati e dai residui, scarti della scheggiatura.

Questi ritrovamenti, esposti nella Mostra Archeologia in via della Sorgente n. 12 a Casciana Terme, dimostrano la presenza dell’uomo quando la consistenza dei gruppi umani era molto esigua.

Attestazioni preistoriche si trovano anche nel sito etrusco di Parlascio, come indicano alcuni strumenti litici in selce rinvenuti in giacitura, risalenti al Neolitico (circa 8.000 anni fa) e alla fine dell’età del bronzo. La posizione di Parlascio, che domina visivamente tutta la Toscana nord occidentale, ha determinato molto presto l’occupazione dell’area.

I saggi di scavo in profondità, iniziati nel 2003, con concessione ministeriale richiesta dall’amministrazione comunale di Casciana Terme, hanno permesso di portare alla luce i resti di un esteso insediamento Etrusco, sviluppatosi dal VI secolo a.C.

Dai reperti rinvenuti nelle varie campagne di scavo, possiamo dire che il nostro comune abbia visto la presenza stabile di un insediamento umano dal Paleolitico, al Neolitico, all’età del bronzo medio e recente e all’età del ferro. Ma è soprattutto dal VII secolo a.C. che le tracce assumono una fisionomia meglio definibile. In particolare, lo scavo in corso sul vasto pianoro al di sotto della Rocca di Parlascio, ha consentito di rinvenire una serie di stratigrafie integre risalenti al periodo fra il tardo orientalizzante e la piena età arcaica (VII – VI secolo a.C.) ma con tracce fino all’epoca ellenistica (III – II secolo a.C.) riferibili ad un abitato composto da vari edifici. Infatti nel settore sud – occidentale del saggio è stata esplorata una grande cavità che presenta, nella parte settentrionale, una serie di buche, forse relative all’alloggio di pali.

Anche nel settore nord – occidentale, ci sono tracce simili, di dimensioni e profondità variabili. Tutto questo fa pensare che si tratti dei resti di una struttura abitativa costruita con materiali deperibili. La funzione abitativa è confermata dai reperti ivi rinvenuti: oggetti da mensa, molto bucchero ed incannicciato, quest’ultimo è costituito da argilla cruda, sostenuta da un’intelaiatura di canne per formare le pareti, frasche e paglia per la copertura.

Il sito di Parlascio, dà l’immagine di un centro culturalmente pisano, che limita la penetrazione di Volterra ed è in relazione con la politica del popolamento della polis pisana nel VII secolo a.C., come è dimostrato dalle ceramiche che ivi si trovano, simili a quelle di altri insediamenti pisani. Importanti sono anche le anfore di importazione greche, greche – orientali (corinzie, samie, chiote) e massaliote, che dimostrano una posizione egemone nella distribuzione delle risorse nel territorio.

All’interno dell’area di scavo, è stato individuato un grande “pozzo”circolare di 2 metri di diametro, la cui esplorazione ha raggiunto in questi ultimi anni oltre m. 6 di profondità. La regolarità della cavità e la perfetta verticalità delle sue pareti, indicano che si tratta di un’opera architettonica, il cui utilizzo primario resta ancora da definire. La struttura venne colmata entro il V secolo a.C. con terreno contenente materiali forse utilizzati durante cerimonie religiose, per cui il pozzo potrebbe aver avuto funzione di deposito sacro. I resti del vasellame trovato all’interno, sono di produzione locale, realizzato in impasto e utilizzato soprattutto per la cottura e conservazione dei cibi, molto bucchero ed ossa animali (resti di riti cultuali o banchetti). Le fuseruole, i rocchetti ed i pesi da telaio, restituiscono un’immagine delle principali occupazioni femminili nell’antico abitato: la filatura e la tessitura. Importante è anche il ritrovamento di un piano forato, appartenente ad una fornace per la cottura della ceramica a testimonianza dell’attività produttiva della zona.







Per l’età romana sono documentati solo alcuni frammenti di ceramica sigillata aretina che attestano la continuità di vita del sito almeno fino al I secolo d.C., quando l’Etruria è solo una delle “regiones”dell’Italia augustea. Il minor numero di reperti di epoca romana, può essere stato causato dai lavori per l’impianto del castello medioevale, che hanno distrutto i livelli di età ellenistica e romana.

Nel periodo imperiale c’è stata la tendenza ad abbandonare le aree insediative collinari, a favore dei siti di fondovalle, come sembra si possa registrare anche per Parlascio. L’insediamento è spostato soprattutto nel territorio di Bagno ad Acqua, come lo dimostrano i ritrovamenti di alcune tombe romane e di monete della prima età imperiale, all’interno dello stabilimento termale, durante i lavori di ristrutturazione effettuati negli anni 50 e la notizia di altre strutture tombali nel territorio di proprietà della famiglia Borri. Sono state inoltre rinvenute altre monete nelle campagne intorno a Casciana.

Il II secolo d.C. rappresenta il momento della profonda romanizzazione dell’agro pisano, con l’invio di diversi nuclei di veterani romani.

Nei secoli successivi, fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), con il diffondersi della religione cristiana, divenuta religione di stato nel 370 d.C., a poco per volta la cultura romana si adatta a sopravvivere nella turbolenza della crisi politica ed economica che, dal V secolo, porta un periodo di stagnazione, causato dalla situazione di fine Impero, con le invasione vandale e che si prolunga per tutto il primo millennio della nostra era.

Gli ultimi anni del mondo romano, furono vissuti in un clima di morte, miseria, guerre, carestie ed epidemie e le sue frontiere furono continuamente insidiate dai barbari.

Con la caduta dell’Impero e le invasioni barbariche, cambiò il modo di vita in Italia, ed anche nelle nostre zone. Probabilmente ci fu un ritorno allo stato primitivo, gli abitanti si allontanarono dalle città verso luoghi più sicuri nelle campagne, alla ricerca di scampo.

Nel 452 d.C. Attila, re degli Unni, arriva in Italia, ed i primi Goti nel 454 d.C., sconfitti dall’Imperatore Giustiniano nel 552 d.C. Del loro ricordo rimangono dei toponimi che sono preziosi per la ricostruzione delle vicende storiche. Il nome Parlascio è molto probabilmente di origine gotica, da “bers”cinghiale, luogo dove si custodiscono o si cacciano i cinghiali. Il nome del torrente Riguardo, da “warda”guardia, fa da guardia o da confine ad un terreno, ecc. E’quindi ipotizzabile un insediamento gotico nella nostra zona nel V e VI secolo d.C.

Più documentabile è la presenza Longobarda. Possiamo far risalire la loro penetrazione al VII- VIII secolo d.C. Nelle campagne, essi si sostituirono quasi completamente ai romani. L’attestazione della loro presenza, è confermata anche dalla toponomastica, che ancora oggi perdura (Badia, Le Case, ecc.), come le molte chiese e pievi costruite durante la loro dominazione, dedicate a San Martino, che nonostante non sia un nome germanico, attesta la loro devozione per quel Santo. Casciana ne ha la dimostrazione tangibile nella chiesetta di San Martin del Colle, perché buona parte della sua costruzione risale all’VIII secolo ed è di stile longobardo.

Contemporaneamente ai Longobardi, abbiamo l’affermazione dell’autorità della Chiesa sul piano spirituale, politico ed amministrativo; è il periodo delle pievi che nascono soprattutto nelle campagne: la più antica carta relativa alla nostra zona, riguarda la pieve di Santa Maria di Casciana Terme. E’uno scritto dell’823 ed in esso si registra la donazione di Witerardo del fu Willerardo (nomi di origine longobarda) alla stessa chiesa di due pezzi di vigna, posti tra i vigneti della “Plebs de Aqui”.

Dal punto di vista economico, si inserirono in quella che noi chiamiamo “economia curtense”, perché guerre ed invasioni avevano prodotto un tracollo commerciale e più che di città si può parlare di agglomerati comprendenti orti, vigneti ecc.

Nelle campagne il sistema agricolo dominante era il latifondo. Il latifondo longobardo, dà grande importanza alla “villa”, la casa del proprietario situata al centro della “curtis”che poteva comprendere molte “villae”, tutte dipendenti da un unico proprietario; ogni “villa”era anche centro sociale, giuridico, militare e spesso diventerà un castello fortificato. Ogni “curtis”produceva tutto il necessario per la vita (economia chiusa). A Casciana rimane di questo periodo la denominazione di “Corte Aquisana", dove ancora oggi esiste un gruppo di case medioevali.

Verso la fine dell’VIII secolo, l’accordo del Papa con i Re Franchi, pose fine al Regno Longobardo, con la guerra nel 774 vinta da Carlo Magno, re dei Franchi, contro il re Desiderio, re dei Longobardi. Le due stirpi, nel corso del tempo, si fusero fra di loro, ma in Italia è prevalente l’influenza dei Longobardi, che nel frattempo si erano convertiti al cattolicesimo. La loro influenza è riscontrabile negli aspetti politico, sociale, economico e linguistico.

Con il crollo dell’Impero, l’entroterra italiano divenne preda delle popolazioni nordiche, mentre le coste subirono il flagello di incursioni dal mare, dei Vandali stanziati sulle coste africane e dei Visigoti, queste diventarono sistematiche dopo la morte di Maometto nel 632, quando l’Islam cominciò ad espandersi verso ovest. D’altra parte la pirateria ha radici remote tanto quanto la navigazione, e le coste italiane, con la loro miriade di centri marinari, erano una meta appetibile e fin troppo accessibile. La popolazione fu obbligata a rifugiarsi sui colli, perché i Barbareschi ricorrevano all’incursione improvvisa ed alla guerra di corsa. Nel IX secolo (846), l’incursione saracena arrivò fino a Roma. Fu perciò necessario che le varie comunità si attrezzassero per la difesa di terra con una serie di torri, in vista l’una dell’altra, tale da costituire un sistema ininterrotto di avvistamento e segnalazione, secondo una specie di codice costituito da fiamme o fumate, ottenute con bracieri, torce o fascine bruciate. Queste torri furono chiamate dal popolo “saracene”, perché erano state costruite contro le loro incursioni.

Nella frazione di Casciana Terme, località Ceppato, esiste ancora una di queste torri di avvistamento, a dimostrazione che i barbareschi nel IX, X e XI secolo, dal mare erano arrivati anche nell’entroterra. La torre di avvistamento in località Torrino, sul versante Est di Ceppato, domina un ampio paesaggio, ed era in contatto con altre torri poste sui colli vicini. La tradizione popolare, parla anche di una galleria chiamata “dei saraceni”ancora in parte esistente, situata ad Est, sotto i resti del castello medioevale di Parlascio. Non si tratta di una frattura naturale, perché nella parte fin dove è stato possibile avanzare, essa risulta scavata, in quanto presenta verticalità delle pareti nella parte bassa ed è rifilata in maniera lineare. Questa poteva essere servita come rifugio o come via di fuga. Purtroppo Pisa fu sconfitta dai saraceni nel 1.005, ma queste torri serviranno ancora per segnalare qualsiasi movimento nemico.

In questo periodo, abbiamo anche l’invasione degli Ungari, che nell’entroterra determinò, a difesa del territorio, il fenomeno dell’incastellamento.

A partire dal X secolo, nel nostro territorio i signori del luogo, per proteggersi e proteggere la popolazione locale, iniziarono a costruire sulle alture varie fortificazioni, come castelli in pietra, torri di avvistamento e rocche. Fra il X e il XII secolo, furono fondati numerosi castelli ad opera di famiglie aristocratiche Longobarde, come quella dei Cadolingi. Il fatto che nella Valdera, in questo periodo, fossero costruiti molti castelli, va ricercato anche nella sua posizione, in quanto area di confine fra l’episcopato lucchese e volterrano.

Il primo cenno del comune “De Aquis”è del 1161 ed è relativo al complesso detto “Torre Aquisana”, databile tra la fine del XI e inizio XII secolo. Le fonti ci dicono che la “Corte de Aquis”non fu mai incastellata, perché i Conti Cadolingi preferirono incastellare alcuni centri vicini come: Vivaia, Montanino e probabilmente Parlascio, mentre riservarono ad Aqui l’esclusiva funzione di centro organizzativo e direzionale delle loro vaste proprietà, come: Santa Luce, Monte Vaso e Pietracassa.

Importanti furono anche i contatti tra Badia di Morrona e Casciana già dai primi anni del 1000. La Badia pare sia stata fondata nel 1089 dal Conte Ugone, figlio del Conte Guglielmo Bulgaro, che apparteneva alla famiglia dei Cadolingi. Già nel 1077 si trova però il loro nome fra quello dei Vassalli della Contessa Matilde, che si erano incontrati a Lucca con l’Imperatore Enrico IV.

Nel 1109 con un atto del 1° febbraio il Conte Ugo, figlio di Uguccione, dona ai Camaldolesi “la Chiesa e il Monastero del Signore e di Santa Maria Vergine” riservando per se e per i suoi eredi il “patronato”.

Dal 1101 al 1124 l’Abate Gherardo acquistò metà del castello di Vivaia e la corte Aquisana, da lui affittati nel 1114 al Vescovo di Pisa e poi a Lui venduti nel 1135.

Nel 1148 Papa Eugenio convalidò a Guido Abate le decime acquisite sulle chiese di Tora e Montanino. Con il crescere del patrimonio il monastero di Morrona fu conteso tra il Vescovo di Pisa e di Volterra . Il 30 agosto del 1152 l’Abate Giacomo vendette ai pisani i possessi di Montevaso e Montanino.

Il 23 maggio 1162 un importante lodo fra la Badia, i consoli e la plebe di Bagni di Casciana, rende ufficiale, il passaggio già avvenuto, dalla giurisdizione ecclesiastica a quella civile pisana di molti territori feudali morronesi. Sembra certo che nonostante l’intromettersi pisano, il monastero sia rimasto sempre sotto la giurisdizione volterrana, nonostante che il 17 marzo 1199 i consoli di Morrona giurassero ai pisani che non avrebbero tagliato legna nei boschi di Aqui e Montanino.

Dopo varie vicissitudini solo nel 1482 il Monastero passa definitivamente al Vescovo di Volterra, con la complicità dei fiorentini.

Molte poche sono le notizie d’archivio edite sul castello di Parlascio. Non conosciamo infatti con certezza la data di fondazione. Abbiamo però a disposizione una carta lucchese del 1040, dove c’è la segnalazione dell’esistenza di un centro curtense, di una fortificazione privata e di una Chiesa dedicata a San Quirico. Il castello fu costruito per esigenze difensive e rispondeva al controllo di un vasto territorio, al confine con il vescovato di Volterra. Può anche essere possibile che per realizzare la rocca, sia stata utilizzata una struttura preesistente risalente al castrum romano e successivamente riutilizzata dai longobardi.

Nel XII secolo Parlascio costituisce un unico comune rurale con Ceppato. Dell’antica struttura si conserva ancora parte delle mura nei settori settentrionali e occidentali, la porta di accesso del cassero era ancora visibile nel secolo scorso, come documentata da una cartolina. All’interno del cassero si trova una cisterna d’acqua “perfettissima” di cui si sono sempre serviti gli abitanti del luogo e che ancora è funzionante.

Il materiale ceramico, rintracciato nel cassero del castello, copre un arco di vita dall’XI al XVII secolo e si riferisce alle varie tipologie di ceramiche in uso tra il medioevo e il rinascimento: frammenti di ceramica e di maiolica, ma anche strumenti agricoli, armi, vetri e monete. La presenza di ceramica di Montelupo è da collegarsi con la conquista del territorio nel 1406 da arte dei fiorentini.



Altrettanto poche numerose sono le notizie della Rocca di Montanino, vicino al borgo di Collemontanino.

Questo castello, come altri fondati dai Gherardeschi, dai Cadolingi e dagli Upezzinghi, non controllava la viabilità principale, anche perché la viabilità in queste zone, nell’alto medioevo, era piuttosto secondaria. La prima attestazione della sua esistenza risale al 1152 e si presume che sia in zona longobarda, in quanto risponde alle tecniche di costruzione da loro usate.

Sono ancora visibili le strutture murarie in pietra che denotano la sua importanza nei secoli centrali del medioevo. Queste strutture permettono di determinare la pianta del cassero, circondata da una prima cinta di mura, mentre il borgo abitato era entro la seconda cerchia.

Sotto l’estesa giurisdizione del comune di Aqui viene ricordato anche un vecchio castello denominato di Vivaja o Vivagia. Una prima notizia è databile al 1109 per la vendita alla Badia di Morrona della metà del suddetto castello. Pietre e tegole sperse nel boschetto testimoniano l’antica esistenza del fortilizio e della Cappella di San Stefano distrutta dal terremoto del 1846.

Vicino a Parlascio, sull’omonima collina, si trova la torre quadrangolare di Ceppato, eretta a difesa delle rocche di Montanino e Parlascio, come baluardo di avvistamento contro i nemici del tempo. Intorno alla torre ci sono costruzione medievali ben conservate.

Le nostre zone furono oggetto di interessamento scientifico nel 1788 da parte dello studioso Giovanni Mariti, frequentatore delle Terme, rinomate in Toscana per curare varie patologie.

Le sue osservazioni furono raccolte nella voluminosa opera manoscritta, chiamato “Odeporico” ossia itinerario per le colline pisane, dove sono conservate preziose notizie sui luoghi da lui visitati, che altrimenti sarebbero state dimenticate.

Fino al X secolo le acque termali di Casciana erano a cielo aperto. Il tentativo della costruzione di un primo stabilimento risale al 1100, ma questo avvenne solo nel 1311 ad opera di Federico di Montefeltro, signore di Pisa, con una costruzione di capaci vasche protette da mura merlate e distinte fra bagno degli uomini, delle donne, dei lebbrosi e dei cavalli.

Nell’attuale ingresso delle Terme si possono notare antiche pietre che segnano varie epoche storiche. Un pietra in particolare ricorda la Contessa Matilde di Canossa come prima costruttrice dello stabilimento termale: “ L’insigne contessa Matilde consacrò questi ameni e salutiferi bagni ad acqua con ogni ornamento e culto a ristabilire e preservare la salute umana in tutte le sue forme” (1112). Da questa pietra non veritiera sono scaturite leggende sulla presenza di Matilde in questi suoi possedimenti e soprattutto quella del merlo che fu guarito bagnandosi in queste acque salutari..

La Grancontessa, o Mathilde, o più semplicemente Matilde di Toscana, fu contessa, duchessa, marchesa e regina medievale. Fu una potente feudataria ed ardente sostenitrice del Papato nella lotta per le investiture; personaggio di assoluto primo piano in un’epoca in cui le donne erano considerate di rango inferiore, arrivò a dominare tutti i territori italici a nord degli Stati della Chiesa.

Nel 1076 entrò in possesso di un vasto territorio che comprendeva la Lombardia, l'Emilia, la Romagna e - come duchessa/marchionessa - la Toscana. Per agevolar i suoi spostamenti, che avvenivano lungo antichi itinerari, si dedicò molto alla costruzione e manutenzione di ponti e strade.

Anche Matilde era di stirpe longobarda, il potere marchionale sulla Toscana l’aveva ereditato dal padre Bonifacio che fu insignito del titolo nel 1027 da Corrado II. Alcuni documenti dimostrano la relazione di Matilde e i Cadolingi, signori delle nostre terre. Infatti fra i condottieri dell’esercito della Contessa si trovano Anselmo, abate cadolingio di San Salvatore di Borgo Nuovo, e Arduino da Palù, vassallo di Matilde e suocero di Uguccione, l’ultimo dei Cadolingi. La Toscana, ovvero la marca di “Tuscia”, fu oggetto di una contesa ereditaria, in quanto Matilde morendo nel 1115 ed essendo priva di eredi, lasciò alla sede pontificia tutti i suoi beni, sia privati che feudali; dovendo questi ultimi tornare all’Impero, la mancata restituzione causò l’annosa questione “matildina” che turbò i rapporti fra Chiesa ed Impero per circa un secolo e mezzo.

La marca di “Tuscia”dette i natali a uomini illustri appartenenti a casate famose: Cadolingi, Della Gherardesca, Upezzinghi, Pannoschieschi ed altre famiglie di origine locale, come i Cevoli, Fava, Montecuccheri ecc. Il Marchese che dette maggiore ricchezza alla Toscana fu Adalberto, detto “Il Ricco”, della famiglia degli Adalberti. Sua moglie Berta fu una donna famosa, la sua vita dette origine ad una serie di leggende, storie e filastrocche.

Ma il più illustre personaggio rimane il Conte Ugolino, figlio di Guelfo Della Gherardesca, di Uguccionella Upezzinghi e marito di Margherita Pannocchieschi. Nel XIII secolo ricoprì importanti cariche nobiliari e politiche: fu podestà di Pisa e capitano del popolo fino al 1288, quando fu deposto. Il suo dramma è narrato nel canto XXXIII dell’Inferno da Dante Alighieri.



Bibliografia:
"Parlascio: Le radici antiche di Casciana Terme" a cura di Sfefano Bruni. Felici Editori 2006.
"Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana" Emanuele Repetti 1833.
"Odeporico"Giovanni Mariti 1788.
"I Saraceni in Italia" Rinaldo Panetta, Milano 1973.
Archivio Arcivescovile di Lucca.
Archeologia Viva. Giunti Editore.